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La Gran Madre
Approfondimento a cura di Junior Maraschini
Inaugurata il 20 maggio 1831 in presenza del re Carlo Alberto, con neanche duecento anni di storia alle spalle, la Chiesa della Gran Madre di Dio ha saputo crearsi uno spazio nel cuore di tutti i Torinesi.
La sua costruzione venne decisa dal consiglio decurionale della città, la sua municipalità dunque, per festeggiare il rientro dei Savoia a seguito della caduta di Napoleone, in un periodo di fermento per l’urbanistica torinese; nel tentativo di ampliare la città lungo il fiume divenne uno dei punti centrali del nascente quartiere di Borgo Po, addossata all’omonimo fiume e prospiciente a Piazza Vittorio Veneto, con la quale tentò di armonizzarsi grazie ai nascenti piani regolatori cittadini.
L’architetto Ferdinando Bonsignore, cui fu affidata l’opera in seguito a concorso, s’ispirò al Pantheon di Roma, scegliendo la semplice maestosità dello stile neoclassico per incastonare questa costruzione sullo sfondo verdeggiante della collina di Torino.
Molte leggende sono sorte attorno a questa chiesa: un pensiero ricorrente collega i luoghi di culto dell’antichità a quelli moderni, e le credenze popolari sostengono che nello stesso sito, secoli or sono, sorgesse un tempio dedicato a Iside, divinità egizia identificata come Gran Madre (un caso simile è riscontrabile nel vicino Monte dei Cappuccini, si dice votato a Giove in epoca romana).
Nell’epigrafe latina presente sulla facciata, Ordo populusque Taurinus ob adventum regis (la città e il popolo di Torino per il ritorno del re), alcuni vogliono vedere un rimando ad un fantomatico Ordine del Toro, collegandolo di volta in volta alla venerazione del dio-toro Api o al popolo dei Taurini come fondatori del primo nucleo della città.
Probabilmente la chiacchiera più rinomata però è quella che circonda le due grandi statue poste ai lati della scalinata che conduce al pronao: Religione e Fede, ad opera dello scultore Carlo Chelli. La seconda, rappresentante una donna in abiti romani reggente un calice nella sinistra, vorrebbe, secondo alcuni, indicare con lo sguardo il luogo ove sarebbe sepolto il Santo Graal.
Nel nostro mondo parallelo e alternativo del Codex Venator, la Gran Madre sorge poco al di fuori delle mura cittadine, vicino all’accesso sorvegliato da Porta di Po. Poco si sa di questo edificio tutelato dal Dogma, ove tre pozzi scendono nei visceri della terra e vengono usati dall’Inquisizione per distruggere artefatti e materiali ritenuti eretici. I Cacciatori la incontreranno per la prima volta durante “Doni dal Cielo”, e con essa le tonache oro e granata del Culto del Grande Toro, forse un richiamo a quell’Ordo Taurinus vagheggiato nell’epigrafe latina sul frontespizio dell’edificio. Non resterà molto dell chiesa dopo la sorprendente apparizione di un abominio “di fuoco e odio dalle sembianze di toro”, ma quei resti, quelle rovine, torneranno più e più volte a scandire i momenti più tragici e misteriosi delle nostre storie.
Bibliografia e Sitografia
Levra, Umberto (a cura di), Storia di Torino. La città nel Risorgimento, 1798-1864, Vol 6, Einaudi, Torino 2000.
Bassignana Enrico, Guida alla Torino incredibile magica e misteriosa. Luoghi, fatti, personaggi, tradizioni, Priuli & Verlucca, Torino 2017
http://www.cittaecattedrali.it/it/bces/57-chiesa-della-gran-madre-di-dio
http://www.museotorino.it/view/s/2688679458cc46ab9b2ef35b169e7f1f